Indice
- I pro di vivere a Bali (le cose che funzionano davvero)
- I contro di vivere a Bali (quelli che scopri restando a lungo)
- Com’è cambiata Bali negli ultimi anni
- Dove vivere a Bali: pro e contro delle diverse zone
- Quanto costa vivere a Bali (più di quanto pensi)
- Sanità, ospedali e cliniche: il lato nascosto che pochi considerano
- La vita quotidiana: supermercati, routine, clima e realtà lontana dal turismo
- Visti e burocrazia: un’arma a doppio taglio
- Tirando le somme: Bali è davvero un posto dove vivere?
La mia prima volta in Asia è stata proprio a Bali. Non conoscevo quasi nulla dell’isola, eppure provavo da tempo un’attrazione forte che mi portava fin qui. Una volta raggiunta, mi sono ritrovato immerso in un luogo affascinante, ma poco familiare, ricco di sensazioni e contrasti che nessuna guida mi aveva preparato a vivere.
Col passare degli anni ho iniziato a sognare l’idea di un trasferimento stabile. Ogni ritorno però — e sono stati molti — ha portato con sé qualche dubbio, qualche dettaglio che mi ha sempre fatto rimandare la scelta. Ormai tornare è un rituale: vivere l’isola nel quotidiano, apprezzarne i ritmi… e allo stesso tempo realizzare che non è tutto semplice come appare.
In questa guida voglio condividere ciò che ho imparato negli anni: i veri pro e contro di una vita di lunga durata in quella che molti considerano la perla dell’Indonesia.
I pro di vivere a Bali (le cose che funzionano davvero)
Uno dei motivi principali per cui negli anni ho pensato di trasferirmi a Bali è il concetto di equilibrio. Quel famoso work-life balance che in Italia sembra ormai scomparso, qui lo percepisci fin dai primi giorni. Non perché la vita sia “più semplice” in senso assoluto, ma perché è strutturata in modo diverso: i ritmi sono più lenti, nessuno ti trasmette l’idea di dover correre o “performare” in continuazione. Anche le incombenze quotidiane sembrano perdere peso.
Bali è un isola che ti porta istintivamente a rallentare, a vivere di più e meglio le piccole cose: una colazione tranquilla, una pausa in una caffetteria, una passeggiata tra le risaie prima o dopo il lavoro. Tutto questo questo crea quella sensazione di libertà che tanti cercano e che qui diventa una conquista naturale.



Inoltre, cosa non da poco, da Bali passa davvero mezzo mondo: persone che lavorano da remoto, creativi, famiglie, expat di ogni età. Incontrare qualcuno, stringere amicizie, fare networking — o ritrovare qualche italiano — è facilissimo. Quando sei lontano da casa avere qualcuno con cui condividere un pezzo della tua cultura diventa prezioso, e ti fa sentire parte di qualcosa.
Un altro grande “pro” è la varietà di attività che si possono praticare. A Bali puoi dedicarti a qualsiasi sport o passione: palestre e centri yoga sono ovunque, così come alcuni dei migliori spot al mondo per il surf. I centri diving sono numerosi e di ogni livello. Trekking tra giungle e vulcani, corsi di freediving, arrampicate e mille altre opportunità: qualunque sia la tua inclinazione qui puoi coltivarla al meglio.
Non dobbiamo poi dimenticare i Balinesi. Un popolo che ha poco ma che condivide tutto. Sorridono sempre, anche quando le cose non vanno bene. Inizialmente mi preoccupavo per qualsiasi sciocchezza, anche la più banale, ma col tempo ho capito — anche grazie a loro — che quasi nulla è davvero grave o irreversibile. Un insegnamento prezioso che arriva da chi vive in modo davvero semplice.
Infine, c’è la spiritualità. La definirei come un qualcosa di quasi tangibile e che si percepisce costantemente, anche se — come nel mio caso — sei un ateo convinto. In qualche modo ti mette sempre di buon umore.
I contro di vivere a Bali (quelli che scopri restando a lungo)
Quelli che da un certo punto di vista possono sembrare dei pro, se osservati da un’altra angolazione diventano facilmente dei contro. Ho parlato della grande comunità internazionale, delle persone che arrivano qui per i motivi più diversi. Ma quelle stesse persone, se le sommiamo ai locali e ai milioni di turisti che ogni giorno scelgono Bali per le proprie vacanze, finiscono per creare una realtà congestionata, spesso ingestibile.
Il traffico e il sovraffollamento sono fuori controllo. Percorrere cinque chilometri in meno di mezz’ora è diventato un miraggio. nelle zone centrali lo smog ha raggiunto livelli impensabili. A questo si aggiungono strade danneggiate o del tutto impraticabili, soprattutto lontano dai centri più noti.
C’è un paradosso evidente: nel tentativo di offrire “tutto a tutti”, Bali è diventata una calamita per milioni di visitatori. Il risultato? Un’isola sempre più plasmata sulle esigenze del turismo di massa. Un luogo che, per certi versi, diventa sempre più difficile da vivere e sempre più artefatto.
Nelle periferie l’igiene è praticamente inesistente: sporco e plastica sembrano essersi fusi con la natura, come se facessero parte del paesaggio. Alle prime ore del mattino o a tarda sera capita spesso di vedere piccoli roghi lungo le strade o nei giardini. Nella cultura balinese, infatti, si è radicata l’abitudine di bruciare rifiuti di ogni tipo, nel tentativo di far sparire almeno visivamente le tracce di un’isola ormai logorata.
Il risultato? Un’aria spesso difficile da respirare e un cielo che diventa improvvisamente grigio, coperto da una patina di fumo che resta sospesa per ore.
Com’è cambiata Bali negli ultimi anni
L’isola cambia a una velocità impressionante, e non proprio in meglio. C’è un aspetto della mentalità locale che faccio fatica a comprendere: la capacità di distruggere ciò che rende un luogo unico pur di attirare nuovi turisti. Secondo paradosso: i visitatori vengono qui per vedere la natura incontaminata e i panorami iconici, ma quella stessa natura viene sacrificata per costruire resort, strade e nuove attrazioni.
Intere zone dell’isola oggi sembrano un cantiere a cielo aperto. Dove prima c’erano campi, foresta o piccoli villaggi, ora ci sono ville, resort, negozi, centri commerciali. Case e strutture vengono abbattute e ricostruite a ritmi assurdi. Ciò che lasci un anno non è mai ciò che ritrovi al successivo. Bali, letteralmente, cambia faccia ogni dodici mesi.
Negli ultimi tempi si sente spesso dire che l’isola “potrebbe sprofondare”, e per quanto sembri un’esagerazione, basta guardarsi intorno per capire perché questa teoria stia prendendo piede. Le infrastrutture non reggono più: strade intasate, servizi al limite, inquinamento, rifiuti, e un livello di sovraccarico che non è sostenibile sul lungo periodo.
Tutto questo incide profondamente sulla vita quotidiana di chi sogna di vivere qui. Nel lungo termine significa convivere costantemente con flussi enormi di turisti, servizi sempre pieni, traffico continuo e una trasformazione che sta snaturando ciò che rendeva Bali così speciale.
Dove vivere a Bali: pro e contro delle diverse zone
Ho vissuto e testato molte parti dell’isola per capire, un giorno, dove potermi trasferire definitivamente. Alcuni centri li ho esclusi subito: non mi hanno mai trasmesso nulla, nessun feeling e li ho vissuti solo da turista. Parlo di Sanur, ma anche di Padang Bai, Nusa Dua, Jimbaran o Denpasar. Lo capisci in fretta: non esiste la zona perfetta, ognuna ha vantaggi evidenti e limiti altrettanto chiari. Ma entriamo nel dettaglio.
Sud Bali – Canggu, Seminyak e Uluwatu
Il Sud è senza dubbio la parte dell’isola con più servizi: coworking ovunque, palestre, centri yoga, caffetterie, locali notturni e alcuni dei migliori spot al mondo per il surf. Per chi ha tra i 20 e i 40 anni — o, in generale, per chi cerca una vita sociale attiva — questa è la zona più completa. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: traffico, affollamento, prezzi in continuo aumento.
Canggu, Seminyak e Uluwatu sono diventati ingestibili. Gli affitti a lungo termine hanno raggiunto cifre sproporzionate rispetto alla qualità della vita reale. Vivendo qui ho avuto più volte la sensazione di pagare solo per poter dire “vivo a Canggu. In generale, tutto costa molto più di qualche anno fa: a volte anche una semplice birra può superare i prezzi italiani. Il Sud rimane comodo, giovane, vicino all’aeroporto e pieno di opportunità… ma è anche la zona più congestionata, cara e stressante dell’isola.
Ubud e il centro: natura e spiritualità
Ubud, un tempo considerata la via di mezzo perfetta, oggi è molto diversa.
L’ultima volta ho vissuto qui per qualche mese e mi sono reso conto di quanto la distanza dal Sud si sia ridotta: traffico in aumento, più confusione, prezzi in crescita e un flusso continuo di turisti a qualsiasi ora del giorno.



In molti casi Ubud rappresenta la prima tappa di chi arriva sull’isola, e questo contribuisce a renderla sempre più affollata e meno “intima” rispetto a qualche anno fa. Un dettaglio che rende l’idea del cambiamento: una volta era complicato anche solo cenare dopo le 19:00; oggi puoi trovare un cheeseburger economico anche all’una di notte. Un’evoluzione che racconta bene quanto Ubud sia diventata più commerciale e meno “ritirata”.
Ubud si sta trasformando rapidamente e la vita quotidiana non è affatto semplice o economica come molti immaginano. Resta comunque una valida alternativa per chi cerca natura, creatività, spiritualità…
Nord Bali: economico, autentico, silenzioso
Il Nord — da Amed a Lovina, fino a Munduk — è l’esatto opposto del Sud: economico, autentico, silenzioso, con una vita che scorre ancora in puro stile balinese.
Ma proprio questa autenticità, nel lungo periodo, richiede il compromesso più grande. Qui mancano molti elementi che rendono la vita quotidiana sostenibile: supermercati veri e propri, spazi per lavorare, luoghi per fare networking, attività diverse da una passeggiata o da una giornata al mare. Sono paesini splendidi, ma con una vita molto limitata. Il Nord è la parte più genuina dell’isola, ma è anche quella che ti costringe a rinunciare a molto di più.



Non sono riuscito a immaginarmi davvero residente ad Amed: l’ho amata da turista, ma ho capito subito che la routine può diventare un grande limite. Per non parlare delle distanze. Qui sei lontano da tutto — dall’aeroporto, dai centri abitati più grandi, perfino dai negozi dove fare acquisti essenziali. Ogni spostamento diventa un impegno.
Quanto costa vivere a Bali (più di quanto pensi)
Molti credono che la vita a Bali costi pochissimo. Un’idea che a mio avviso nasce nelle prime settimane, quando il cambio euro–rupia ti fa sembrare tutto conveniente. Complice quel Nasi Goreng pagato meno di 2€. Ma quella sensazione è ingannevole: la vita quotidiana, nel lungo periodo, racconta un’altra storia.
Per quanto affascinante, Bali è una delle isole più care di tutta l’Indonesia. Negli ultimi anni i prezzi sono aumentati a ritmi altissimi. I costi quotidiani sono diversi da quelli europei, ma non per questo più bassi e nel lungo periodo si comprendono molto meglio.
Io, ad esempio, non sono mai riuscito a vivere con meno di 900€ al mese, e parlo di uno stile di vita molto semplice, quasi essenziale.
Il primo grande capitolo è l’affitto, che spesso rappresenta metà del budget mensile.
Si può spendere pochissimo, certo, ma il livello di adattamento deve essere alto. Esistono stanze da 5€ a notte, ma sono spesso luoghi in cui ti ritrovi senza aria condizionata, con umidità costante e un materasso praticamente zuppo. Per un viaggio low budget di qualche notte può anche andare bene, ma per viverci mesi il discorso cambia.
Appena alzi un minimo gli standard — una camera decente, con aria condizionata, un bagno funzionante e un po’ di privacy — superi facilmente i 15€ al giorno, Siamo praticamente arrivati a metà budget. Poi c’è lo scooter, imprescindibile per vivere qui. In base al modello, si parte da 70€ fino a 120€ al mese. A questo vanno aggiunte eventuali riparazioni, gomme, manutenzione e benzina.
Seguono le spese quotidiane:
– ristoranti e warung (molti alloggi non hanno una cucina),
– caffetterie, dove si finisce spesso più di quanto si pensa,
– coworking se lavori da remoto,
– visti e servizi vari,
– parcheggi,
– SIM card,
– assicurazione sanitaria, assolutamente necessaria quando vivi in Asia,
– e magari anche quelle attività per cui ti sei trasferito.
Quindi, alla domanda “si può vivere con poco?”, la risposta è sì. Tuttavia quel “poco” richiede una capacità di adattamento altissima che nel lungo periodo diventa difficile da sostenere. Se invece desideri uno stile di vita appena più occidentalizzato — un alloggio decente, una routine equilibrata, la possibilità di scegliere cosa mangiare o dove lavorare — il budget deve inevitabilmente salire. tutto diventa nn equilibrio delicato, che va compreso a fondo prima di fare il grande passo. A questi, vanno ovviamente aggiunte le spese straordinarie e gli imprevisti
Sanità, ospedali e cliniche: il lato nascosto che pochi considerano
Uno dei cliché più diffusi è pensare che le cliniche asiatiche non siano affidabili. La verità è quasi sempre l’opposto. Purtroppo — o per fortuna — ho avuto modo di conoscerle bene: intossicazioni, la classica Bali Belly, qualche episodio più serio. Ogni volta sono stato curato in modo impeccabile. Strutture moderne, personale preparato, tempi rapidi. Su questo nulla da dire. Il problema non è la qualità, sono i costi.
La prima volta che mi sono trovato in ospedale ero ancora abbastanza ingenuo da non avere un’assicurazione sanitaria. Una semplice giornata in clinica — senza ricovero — mi è costata più di 500€. Se avessi avuto bisogno di restare più a lungo la cifra sarebbe salita in modo vertiginoso. Da quel momento ho capito una cosa semplice: a Bali un’assicurazione sanitaria non è un optional, è una necessità assoluta.



Gli imprevisti sono più frequenti di quanto immagini: febbre Dengue, virus intestinali, cadute in motorino, problemi dentali improvvisi. Tutte situazioni che ti ricordano quanto possa diventare costoso vivere qui senza una copertura adeguata.
Per questo, nelle spese mensili di chiunque voglia trasferirsi a Bali, l’assicurazione sanitaria deve essere inserita sempre. Ti salva dal punto di vista economico e, soprattutto, ti garantisce assistenza immediata nel momento in cui ne hai più bisogno.

La vita quotidiana: supermercati, routine, clima e realtà lontana dal turismo
Uno degli aspetti più sottovalutati quando ci si trasferisce a Bali è la gestione della vita quotidiana. Fare la spesa, ad esempio, è più complicato di quanto si possa pensare. Nella cultura asiatica difficilmente si cucina in casa: mangiare fuori è più semplice ed economico. Per questo molte abitazioni non hanno una cucina.
I supermercati, per come li intendiamo noi, sono rari I “conbini” — piccoli market in stile 7-Eleven — dedicano il 90% degli scaffali a snack, caramelle, patatine e cibi confezionati. Il resto sono prodotti per l’igiene personale o per la casa. Ingredienti base della cucina italiana come pomodori, passate o pasta sono difficili da trovare, oppure costano molto più che in Italia. Le grandi catene internazionali stanno arrivando anche qui, ma i prezzi dei prodotti “occidentali” sono altissimi.
Una nota positiva arriva dalle lavanderie: economiche, rapide, affidabili. In molte case non troverai una lavatrice (a meno che tu non viva in un building lussuoso), ma una lavatrice da 7 kg costa circa 3€ e non incide quasi per nulla sul budget mensile.
Poi c’è il clima, un altro elemento che modifica davvero la routine. A Bali non indosserai mai un cappotto, potrai vivrai sempre in infradito e con vestiti leggeri. Ma questo non significa che sia tutto semplice. Nella stagione secca l’umidità può diventare così opprimente da toglierti le energie: ci sono giornate in cui ti senti sfinito solo a pensare di uscire di casa.
La stagione delle piogge, invece, può essere snervante. I monsoni non sono semplici acquazzoni: piove così forte e per così tante ore da costringerti a rimanere a casa per giorni. A me è capitato. Uscire era impossibile, il vento spazzava tutto e le strade diventavano fiumi in pochi minuti.
Visti e burocrazia: un’arma a doppio taglio
Il tema dei visti è uno di quei dettagli che molti ignorano quando sognano di trasferirsi a Bali. Negli ultimi anni l’Indonesia ha sicuramente reso tutto più semplice e flessibile per chi arriva dall’estero, ma questa apertura ha un costo — in senso pratico e letterale.
Qualsiasi visto tu scelga comporta costi, rinnovi, regole e una certa dose di burocrazia che va messa in conto nel budget mensile. Io, ad esempio, uso un C1, che prevede un rinnovo ogni 60 giorni al costo di circa 50€. Si può estendere fino a un massimo di 6 mesi, ma una volta raggiunto il limite bisogna lasciare l’Indonesia, restare qualche giorno all’estero e poi rientrare richiedendo nuovamente il visto.
Sembra semplice, ma comporta diverse spese “extra”: il volo per uscire dal Paese, il soggiorno in un’altra destinazione (spesso Thailandia, Malesia o Singapore). Le tasse d’ingresso che non paghi durante i rinnovi… ma che ricompaiono ogni volta che rimetti piede in Indonesia. Anche questo incide sul budget, mese dopo mese.
Lo stesso discorso vale per il visto turistico da 30/60 giorni: è vero che è più immediato, ma non è gratuito e va comunque considerato nelle spese fisse di chi vuole fermarsi più a lungo.
Se stai pensando di trasferirti, è fondamentale capire quale visto si adatta meglio alle tue esigenze e al tuo stile di vita. Ho scritto una guida dettagliata su tutte le opzioni disponibili, comprese le novità degli ultimi anni. Puoi leggerla qui Guida ai visti per Bali e Indonesia
Tirando le somme: Bali è davvero un posto dove vivere?
Lo so, in questo articolo sono stato critico in più punti. Ma c’è un motivo preciso: quando smetti di vivere un luogo da turista e inizi a farci i conti ogni giorno, la prospettiva cambia completamente. Visitare un posto è una cosa; trasferirsi è un’altra storia. Bali non fa eccezione.
C’è poi un altro elemento, forse più personale: anch’io ho sognato Bali prima ancora di metterci piede. Non la conoscevo, eppure sentivo una sorta di attrazione inspiegabile, quella spinta che ti fa immaginare una vita diversa. Probabilmente è la stessa forza che mi trascina qui ogni volta come una calamita.
La verità è che Bali ti mette davanti a difficoltà reali, ma ti regala altrettanto: ti insegna a rallentare, a dare valore alle piccole cose, a ridimensionare le priorità. Qui ho imparato a vivere senza l’ansia di dover apparire, senza l’ossessione per l’abbigliamento o per l’immagine. Mi basta una t-shirt e un motorino per sentirmi bene. Già questo, per me, vale più di tanti problemi pratici.
Infine, c’è’ un’altra parte che pesa tantissimo nel bilancio finale: la comunità. Vivere circondato da persone che fanno il mio stesso lavoro, che condividono sogni simili ai miei, mi ha dato un senso di appartenenza che in Italia faticavo a trovare. Mi ha aiutato a crescere, a migliorare ogni giorno. Forse è questo il motivo per cui torno sempre: Bali, con tutti i suoi difetti, mi ha dato più di quanto mi abbia chiesto.
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Dopo un lungo percorso interiore, ho capito che la vita tradizionale non faceva più per me e ho deciso di smettere di timbrare il cartellino. Oggi sono un SEO specialist e blogger: viaggio per il mondo e racconto ciò che vedo.
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